numero 1/2019
Come aprire un nuovo anno? Ce lo siamo chieste per settimane, poi l'illuminazione: facciamo parlare chi ha non ha paura di dire quello che ha da dire! E così, ecco gli amici di Verde, in un'intervista che a confronto quelle di Rolling Stones o Playboy sono acqua di rose.
Raccontateci in un tweet (ma di quelli da 140 caratteri) che cosa fa Verde.
PIZZE DURE CAPS LOCK LITWRESTLING E NOVO PAZZESCO ROMANO.
Ok, adesso potete anche elaborare una risposta più lunga.
Verde fa rivista dal 2012. Siamo nati a Roma tra Torpignattara, Fonte Nuova e Cesano, lontano dagli ambienti letterari della capitale, quelli per intenderci di Effe, Colla, Cadillac e delle altre riviste che non legge nessuno (puoi tenerlo, Matteo: lo sanno anche loro).
Il nostro retroterra è più vicino al mondo delle fanzine punk e dell’autoproduzione, pur occupandoci da sempre di letteratura, nell’accezione più ampia e mobile di visione+lingua. Nel corso degli anni ci è stato rimproverato di “non pensare a architettura e materia” (Dario De Cristofaro), di “non agire l’universale” (Marco Gigliotti), di “attentare al ritratto psicologico dei personaggi e al narratore onniscente” (Marco Cubeddu), finanche di “fare un cattivo Facebook” (Luca Pantarotto). Le nostre risposte sono state sempre le stesse, inascoltate: “ridurre e condensare”, “costruire l’azione”, “liberare i testi”, “social reale”. Fino al 2014 siamo esistiti come splendido e isolatissimo cartaceo mensile autoprodotto e distribuito gratuitamente in tutta Italia, 26 numeri che prediligevano la forma breve e brevissima del racconto e una cura grafica ed editoriale francamente pazzesca (Premio Oblique 2013 e 2014 come “Migliore autopubblicazione dell’anno con il minor numero di refusi, vedove, orfani”).
Dal 2015, dopo la chiusura dell’edizione cartacea non più sostenibile e un anno di pausa, siamo tornati a fare rivista online. Le cose intanto non sono migliorate: paghiamo a caro prezzo l’egemonia nell’ambiente e i fatti noti del 2018 (il quasi scioglimento di primavera, la guerra vinta contro la scenicchia toscana, la guerra persa contro l’esercito di troll e odiatori del nostro pubblico, la decisa strategia adottata per il superamento della gratuità) ci hanno indeboliti non poco. Negli ultimi tempi, poi, è capitato che oscuri soggetti editoriali come La nuova carne e FLR ci scrivessero per combinare risse online sui rispettivi social (“purché se ne parli”) e da quando facciamo recensioni gli uffici stampa ci supplicano di stroncare i loro titoli in uscita con richieste sempre più asfissianti.
(Gli unici di cui non ci possiamo lamentare? Gli amici di inutile) (questo scrivilo, Matteo: ci teniamo.)
In ogni caso, le previsioni per il 2019 sono rosee: dopo l’anteprima di Letteratura Pazzesca in Italia, torneremo a stampare su carta, abbiamo due numeri tematici in lavorazione che usciranno in primavera. La redazione ombra Guacamole curerà da gennaio una newsletter settimanale di Verde e dalla Sardegna la nostra colonna barbagina svilupperà un progetto per il momento top-secret.
A maggio, poi, saremo a Firenze per SCENICCHIA UNA SEGA #2 – PRATICAMENTE UN FESTIVAL.
Chi è che fa Verde?
Pierluca D’Antuono è il fondatore e Commissario e dopo i fatti dell’8 dicembre 2018 Ramses I e Faraone a vita del Novo Pazzesco Romano. Si occupa della ideazione delle cose collaterali alla rivista, del raccordo con altre realtà editoriali e della bonaria supervisione delle faccende interne di Verde. Esiste una redazione guidata da Andrea Frau, che insieme a Luca Marinelli e Francesco Quaranta curano il blog, decidono cosa pubblicare, editano e correggono i testi e scelgono le illustrazioni. Un comitato di lettura ci aiuta a selezionare i racconti in arrivo: ne fanno parte Modestina Cedola, Emanuela Cocco, Lucia Ghirotti, Rita Lipardi, Jacopo Marocco e Franco Sardo.
Stefano Felici fa invenzioni grafiche e agita la redazione eventi romani con Myss Sylvie Contoz e Valeryo Martelly (nostri dj ufficiali) e Alessio Mosca.
Gianluca Pagliarini gestisce la nostra pagina Facebook, Francesco Quaranta fa l’Instagram, Paolo Palermo twitta.
Infine un centinaio di collaboratori.
Il nostro pubblico? È ininfluente, e in ogni caso non merita menzione (al più segnalazioni).
Qual è il vostro metodo di lavoro? Cos’è che fate perché Verde funzioni?
Nessuno di noi lavora in editoria: nella vita di tutti giorni siamo educatori, medici, professionisti, imprenditori, youtuber affermati, esperti di esoterismo e occultismo e notabili di partito.
Ipotizziamo che abbiate un budget a disposizione, che però non copre tutte le voci di spesa che ci sono in Verde. Dopo le cose tecniche (server, dominio, stampe, quelle cose pratiche) a cosa date priorità?
Il primo milione lo usiamo per onorare i crediti che Luca Marinelli vanta nei confronti della redazione, per stipendiare redattori, collaboratori, lettori e soprattutto per assumere grafici: almeno tre, due donne e un uomo, più una art-director (naturalmente E.P. VIVIVI).
Il secondo milione lo regaliamo a Martin Hofer, perché L’Inquieto possa diventare una rivista cartacea e finalmente cessi questa patetica e antieconomica rivalità con Verde (atteso che L’Inquieto ci mangia in testa: lo riconosciamo).
Il terzo milione è per Alfredo Zucchi, in modo da costringerlo a chiudere Crapula Club e a dare seguito con Pierluca D’Antuono a «Nuova Edizione», l’Hyperion delle scenicchie bianche rosse e verdi, che per motivi oscuri finanzierà generosamente ogni realtà editoriale attiva in Italia, così che tu, caro Matteo, non possa mai più rivolgere a nessuno questa insidiosa domanda a trabocchetto.
Puoi seguirci anche sui nostri canali social (Twitter, Instagram, Facebook), e sul nostro sito. E amiamo molto le care vecchie email!
Timone è la newsletter delle riviste prodotta da una rivista, che è inutile.
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